Oltre le competenze: perché conta l’atteggiamento nell’apprendimento.
La formazione che appassiona: oltre la nozione
Tra le molte attività che svolgo, la formazione è quella che mi coinvolge maggiormente e che sento più vicina alla mia passione. Tuttavia, non sono un sostenitore della formazione frontale e nozionistica, quella che si limita a trasmettere informazioni in modo passivo, spesso con lunghi monologhi e poca interazione. Ritengo che un apprendimento efficace debba essere un’esperienza coinvolgente, dove i partecipanti non si limitano ad ascoltare, ma diventano protagonisti attivi del proprio percorso di crescita. Questo approccio, che privilegia il coinvolgimento diretto, la discussione, il confronto e la sperimentazione, permette di costruire un’esperienza formativa significativa e duratura. Inoltre, lavorare con colleghi che condividono questa filosofia rende il processo ancora più stimolante. Il confronto tra professionisti che credono nella formazione come momento di scambio e crescita reciproca soddisfa gran parte dei miei bisogni come formatore, perché crea un ambiente collaborativo e ricco di energia positiva. Questa sinergia è fondamentale per mantenere alta la motivazione e per offrire ai partecipanti corsi che non siano solo istruttivi, ma anche appassionanti e trasformativi.
2. Il falso mito del “capace” e “incapace”
Spesso, nel mio percorso professionale, mi sono trovato a confrontarmi con persone che desiderano lavorare con me ma esitano a proporsi. Il motivo principale è la paura di non essere abbastanza preparate o competenti. Mi chiedono quale sia il requisito minimo per poter entrare a far parte del mio team o per iniziare un percorso formativo con me. Vorrei cogliere l’occasione per sfatare questo mito: non credo che esistano categorie rigide di persone “capaci” o “incapaci”. La realtà è molto più sfumata e complessa. Quando ricevo curricula, li leggo con attenzione ma solo per farmi un’idea generale del background di ciascuno, non per dare un giudizio definitivo. La competenza si costruisce nel tempo, con l’esperienza, la curiosità e la volontà di mettersi in gioco. Non è un requisito statico, ma un percorso dinamico. La vera differenza la fanno l’atteggiamento e la motivazione, non solo il bagaglio di conoscenze pregresse. Per questo motivo, invito chiunque abbia voglia di crescere e imparare a non lasciarsi frenare dall’insicurezza o dal confronto con gli altri.
3. Le persone attive: il vero motore del cambiamento
Nel mio ruolo di dirigente e formatore, ho avuto modo di osservare che le persone più funzionali e preziose sono quelle attive, che si impegnano con passione e consapevolezza. Non mi aspetto che i risultati arrivino subito, perché ogni grande azione richiede tempo, modifiche e aggiustamenti continui. Quello che amo è vedere chi fa domande, chi partecipa con interesse, chi è vigile e presente nel dialogo, chi non si limita a subire ma costruisce insieme. Queste persone sono il vero motore del cambiamento. Anche quando commettono errori, non si arrendono, ma usano ogni esperienza come un’opportunità per migliorare. La loro energia e la loro voglia di fare sono contagiose e rappresentano una risorsa preziosa per qualsiasi progetto. Al contrario, chi si limita a guardare da fuori, criticando senza proporre alternative concrete, rallenta il processo di crescita e rischia di creare un clima negativo.
4. Critiche costruttive vs giudizi pretestuosi
Le critiche sono un elemento fondamentale per il miglioramento, ma solo se sono costruttive e motivate da un reale desiderio di contribuire al progresso. Quando le critiche diventano pretestuose, trasformandosi in giudizi maliziosi o sterili, perdono ogni valore e si rivelano dannose. Nel lavoro di squadra e nella formazione, è essenziale mantenere un atteggiamento aperto, capace di accogliere il feedback e di trasformarlo in un’occasione di crescita personale e collettiva. Solo in un clima di fiducia e rispetto reciproco si può creare un ambiente in cui tutti si sentano liberi di esprimere le proprie idee, senza timore di essere giudicati ingiustamente. Questo favorisce la collaborazione, stimola la creatività e permette di affrontare le sfide con spirito positivo e costruttivo.
5. La scelta dei collaboratori: cosa conta davvero
Quando scelgo le persone con cui lavorare, metto al primo posto la proattività, la voglia di mettersi in gioco e di imparare. Anche chi commette errori, ma è attivo, motivato e pronto a migliorarsi, è più prezioso di chi resta passivo e critico senza mai agire. Questa esperienza mi ha insegnato che il valore di un collaboratore non si misura solo con le competenze tecniche, ma soprattutto con l’atteggiamento e la capacità di reagire alle difficoltà. Vi invito a riflettere su quali siano i vostri criteri nella scelta dei collaboratori o dei compagni di viaggio professionale. Quale caratteristica vi permette di lavorare al meglio insieme agli altri? La risposta a questa domanda può aiutarci a costruire team più forti, coesi e capaci di affrontare le sfide con entusiasmo e determinazione.
Ezio Dau


