Tra professionalità specialistiche e “tuttologia”
Googlando nei vari siti di aziende di macchinari sportivi conosciute a livello mondiale, mi sono imbattuta in una formazione proposta da una notissima azienda di attrezzi isotonici appena immessi nel mercato che mi ha fatto fare un ponderoso balzo indietro nel tempo: fine anni ’80-inizio anni ’90 a Los Angeles, Venice Beach, patria dei culturisti e del fitness. Per quanto l’innovazione e la ricerca abbia fatto passi da gigante rendendo questi macchinari altamente tecnologici, la formazione proposta in questo caso riporta esattamente a quegli anni dove “carico, massa, immagine” erano le parole chiave dell’allenamento (oltre al doping, ma di questo parleremo in altro momento), un ritorno, direi ciclico, a ciò che sembrava superato con la scoperta del concetto olistico dell’allenamento, dell’importanza della connessione “mente-corpo”, rispetto a quanto il concetto di consapevolezza, equilibrio, ascolto di noi stessi si è sviluppato negli ultimi due decenni sembrerebbe un passo indietro. Eppure concetti di allenamento come “Boot Camp” o “CrossFit”, per esempio, hanno avuto un successo abbastanza effimero proprio perché non adatti e non adattabili a tutti eppure sono stati venduti come tali. Mi chiedo: perché un istruttore di tali discipline non comprende che allenamenti come questi possono essere proposti ad una nicchia di persone che sicuramente non rappresenta la maggioranza dei frequentanti palestre o centri di allenamento vari? Dipende da una convinzione radicata oppure da una scelta commerciale del momento (spesso della direzione della palestra) o magari da una mancata corretta preparazione?
Ricordo che nel mese della mia permanenza a Los Angeles a quei tempi, girai come una trottola tra le varie palestre più conosciute del tempo frequentando lezioni di varie tipologie tra cui quelle di Karen Voight, icona del fitness e dell’aerobica del tempo e, ad oggi, insegnante di Yoga e Pilates. Karen mi è particolarmente cara perché il suo percorso professionale è stato molto simile al mio, dalla danza al fitness musicale, passando dallo spinning per poi incontrare le discipline olistiche. Per quanto mi riguarda ciò che ha determinato il mio personale percorso ricco di cambiamenti, anche drastici, è stata la necessità di “avere sempre qualcosa da dare”, di non arrivare ad essere una “spugna strizzata”, di ridurmi ad una macchina da lavoro senza entusiasmo, emozioni, empatia verso chi veniva a lezione da me, ma anche una lettura attenta dei tempi che cambiavano e così anche le esigenze delle persone.
Ad oggi sono quasi 23 anni che mi dedico alla tecnica Pilates e al mondo delle tecniche olistiche: ho analizzato, sezionato come in una autopsia i principi del Pilates, costruendo intorno ai suoi fondamenti intuizioni, variazioni, protocolli di lavoro personalizzati, confrontandomi con fisiatri e fisioterapisti “open mind” (e in verità solo con alcuni ortopedici poiché la maggior sa poco di attività motoria) utilizzando i principi di questa tecnica (e non a caso non ho parlato di metodo) per realizzare un bagaglio di informazioni tecnico-scientifiche che ad oggi mi permettono di rieducare moltissime patologie osteo-articolari, neurologiche ed anche psicologiche, nonché di realizzare protocolli di allenamento complementare per atleti agonisti. Un percorso quindi fatto di scelte, molte cose se ne sono andate, molte altre sono rimaste e, per essere sincera, ciò che mi è rimasto è molta sostanza.
E’ proprio qui che nasce la domanda: se la mia attività professionale (che in verità è la mia passione) impegna tutto il mio tempo, è un continuo studio e ricerca, è un valutare senza soluzione di continuità, è confronto tra feedback che si ricevono ed esperienze diverse con cui confrontarsi, è perenne laboratorio di sperimentazione, potrei al contempo dedicarmi all’insegnamento di altre attività motorie o di fitness garantendo la stessa attenzione personalizzata, la stessa cura, la stessa preparazione?
Mi piacerebbe che la risposta del lettore scaturisse dopo le prossime considerazioni:
1) lo sport è scienza che riguarda il corpo umano e quindi il mantenimento della sua salute in toto
2) in quanto scienza, essa va studiata e metabolizzata perché divenga per noi istruttori, preparatori, allenatori “pane di tutti i giorni”, conoscenza irrinunciabile
3) la scienza va applicata con cura, attenzione, sperimentazione su una base culturale forte
4) l’esperienza nel tempo forgia la nostra conoscenza e la nostra capacità professionale
Se conoscenza, esperienza e tempo sono i fattori chiave di una competenza che possa essere definita tale, ecco che ci troviamo a fare i conti con la FORMAZIONE, ovvero come acquisire skills efficaci, validi, qualificanti. Nel mondo del fitness la formazione proposta in gran parte (e per fortuna non tutta) è quella “mordi e fuggi”, uno o due weekends per ottenere attestati e poi insegnare fitbox, zumba, acquagym, allenamento funzionale (a cosa???), ed una serie di altre attività infinite dai nomi improbabili e dove i corsi formativi delle quali sono aperti a tutti e, per tutti, intendo persone anche senza competenze sportive (e qui torniamo ai punti 1,2,3 e 4 di cui sopra)
Certamente esistono sul territorio italiano diversi Corsi di Laurea in Scienze Motorie e, così detto, parrebbe un elemento unicamente positivo con un fine: quello di preparare gli studenti al lavoro nel mondo sportivo, ma siamo sicuri che sia così? Autorevoli autori (e non solo) da tempo si pongono domande quali:
- chi insegna queste materie così importanti?
- quali sono i contenuti insegnati?
- quali sono le formazioni specifiche proposte e quali preparazioni specifiche ha il docente che le insegna?
- cosa deve saper fare alla fine del suo percorso lo studente?
- la teoria è stata equivalente alla pratica?
Tra la mia esperienza personale e quella con i vari tirocinanti che ho ospitato presso il mio centro di preparazione atletica e personal training, ho dovuto inevitabilmente trarre delle conclusioni non sempre positive, tranne per alcuni per i quali la volontà di conoscere, di crescere, di specializzarsi al di fuori dell’università ha dato i suoi frutti e, ad oggi, lavorano con me ed in altre strutture. Ma ALCUNI. Molti altri hanno fatto scelte facili, veloci e di conseguenza “basicamente” qualificanti. Certamente la crescita personale è un percorso che implica impegno, fatica mentale e fisica, passione e tempo, ma senza queste caratteristiche si rimarrebbe sempre allo stesso punto, non ci si evolverebbe.
Una laurea determina le basi, il dopo laurea è un momento importantissimo dove le scelte che si effettueranno contribuiranno o no alla realizzazione personale, alla crescita professionale, alla affermazione nel mondo lavorativo e soprattutto manterranno vivo l’interesse per una formazione continua alla ricerca di stimoli scientifici e tecnici. E ciò appena detto si ricollega strettamente alle proposte offerte dal mercato attuale delle palestre che, da qualche anno sta prendendo di massima due strade ben distinte:
- quella dei grandi marchi franchising e delle palestre che si ispirano a loro, nei quali si vende l’idea del “posso fare di tutto” con un marketing che spinge ad abbonamenti lunghi a prezzi che parrebbero vantaggiosi ma fornendo un personale lavorativo scarsamente preparato, pagato poco, sfruttando spesso tirocinanti e dove ogni servizio in più personalizzato va pagato (caro) al di fuori dell’abbonamento
- quella dei centri di allenamento e/o preparazione atletica specializzati, di dimensioni più contenute ma con obiettivi precisi, con percorsi su misura per l’allievo o per l’atleta, all’interno dei quali si trovano professionisti che hanno scelto una strada precisa, approfondita, qualificante e di grande professionalità.
Una nota a parte va fatta per coloro che hanno scelto la strada delle lezioni on-line che sicuramente (e per il momento) riscontra un buon ritorno economico, ma il contatto umano che determina le sensazioni, le emozioni e che tanto aiuta noi istruttori ad essere ascoltatori empatici e insegnanti efficaci, che fine fa?
Per noi operatori del mondo sportivo è necessario avere molta conoscenza e competenza poiché il sapere ed il fare dovrebbero andare di pari passo, nei confronti di chi alleniamo dovremmo essere in grado di riconoscere le abilità e non, di adattare, plasmare, modellare le proposte di movimento per trovare le più appropriate e soddisfacenti per chi stiamo allenando e tutto ciò tramite una nostra educazione continua per essere al passo con i cambiamenti sociali e ambientali che agiscono sulla mente e sul fisico degli esseri umani.
Ma come è possibile fare tutto ciò se poi la proposta è la seguente:
- classi stracolme di ogni tipologia di persone
- non conoscenza di chi partecipa alle lezioni
- proposte di allenamento per moda e non per costruzione tecnico-scientifica
e potrei proseguire ad oltranza!
Nella carenza, speriamo per il momento, di un dialogo comune tra scuola e lavoro per quanto riguarda il mondo dell’attività motoria, sarebbe necessario che ogni istruttore, allenatore, preparatore atletico, formatore etc. avesse ben chiari i diversi fattori sopra affrontati, il mondo della “tuttologia” è un mondo superficiale, non qualificante e pericoloso per la salute, i carichi sconsiderati, gli esercizi uguali per tutti indipendentemente dall’età, dalla fisicità, dalle capacità motorie, dalle caratteristiche anatomico-funzionali, dalle patologie e via dicendo sono un pericolo per la salute di ogni partecipante alla lezione, l’attività fisica non può essere un semplice gioco, è scienza provata e ricerca consapevole, è cultura e consapevolezza sia per chi insegna che per chi apprende.
Il coraggio di intraprendere una lunga formazione fatta di studio ma anche di esperienze è la chiave per dare valore al nostro lavoro ma anche per portare l’attività motoria ad essere compresa come prevenzione alle malattie (e in Italia questo concetto è ancora poco diffuso), per questo motivo tutto ciò che tratta l’attività motoria in maniera superficiale va combattuto e questo va fatto con la cultura e la ricerca di sempre maggiori competenze nel settore che scegliamo, nella nostra specializzazione.
Emanuela Misciglia


